Influencer marketing: quando e perché

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I brand stanno andando a caccia di influencer, ma va sempre bene? La risposta è ni: l’influencer marketing va bene se inserito all’interno di una campagna comunicativa organica ampia di cui rappresenta una parte. Quindi in questo articolo faremo una panoramica generale e daremo delle linee guida su quando e come è opportuno collaborare con i ‘VIP’ del web. Sono tantissimi, infatti, i vantaggi di una campagna di influencer marketing curata e opportuna: flessibilità, legami forti con il target e brand awareness i principali.

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Influencer marketing – cos’è?

La definizione è presto detta: far comunicare il brand attraverso chi esercita influenza su un certo target.

È una tecnica che da qualche anno sta spopolando sul web e le aziende ci si affidano sempre più volentieri perché funziona. Ma quando è opportuno fare influencer marketing?

  • Quando sei un brand consolidato: una startup ai primi giorni o un’impresa che ancora deve trovare i suoi ritmi e la propria rotta non ne beneficieranno. È uno strumento potente, ma se lo usi troppo presto sarà difficile riguadagnare la fiducia del pubblico. Se non hai un prodotto/servizio di qualità da vendere, se non hai una struttura solida, fai altre scelte.
  • Come strategia complementare: non si può vivere solo di influencer marketing. Prevedi un piano di comunicazione più ampio, che tocchi più media e più formati. Per il consumatore è importante anche vederti per le strade digitali: per esempio nelle campagne di direct marketing dedicate, affiancando magari anche Facebook Ads oppure articoli ottimizzati per la SEO dove si parla del tuo brand. Così l’immagine che avrà di te sarà quella di un marchio molto più serio, professionale e affidabile.

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Scegliere gli influencer è il passo successivo e, forse, il più importante. Ne esistono di tre tipi: social broadcaster, mass influencer e potential influencer.

I social broadcaster sono persone molto famose al di fuori dei social e vengono comunemente considerate ‘celebrità’. Cantanti, sportivi, conduttori televisivi, ecc… Hanno un pubblico molto vario e un rapporto mediamente debole con i propri fan. Il vantaggio? I grandi numeri.

I mass influencer hanno una forte presenza sui social e sono esperti di un certo settore. Sono dei grandi aggregatori di pubblico attorno a un interesse preciso che varia dal lifestyle alla cucina, dai videogame alla moda. Il loro vantaggio è la competenza nel loro campo.

I potential influencer, invece, raccolgono target molto piccoli soprattutto in virtù del rapporto quasi personale che riescono a creare con le persone. La forza di questo rapporto è anche il loro pregio più grande.

In base al proprio budget e ai propri obiettivi si può optare per un gruppo piuttosto che l’altro. In generale, però, un mix delle tre formule è una soluzione migliore, in particolare per i grandi marchi.

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Social influencer marketing: consigli pratici e canali

Una volta che hai selezionato con chi collaborare, è arrivato il momento di definire i dettagli di questa collaborazione. Le strade da percorrere sono infinite e la creatività è l’unico limite. La cosa più importante, però, è fare in modo che la partnership sembri sempre sensata. Non c’è nulla di peggio che vedere il proprio beniamino ‘vendersi’ a un marchio giusto per fare qualche soldo in più.

Ciò detto, vediamo quali sono i metodi più utilizzati dai brand oggi per fare influencer marketing:

  • Contenuti sponsorizzati: che sia una story, un video o un post, si tratta di un’unica apparizione del brand sul profilo dell’influencer.
  • Codici sconto e giveaway: organizzare concorsi assieme alla community dell’influencer è sempre una buona idea. Attiva il pubblico in una dinamica di gioco e l’impatto sarà positivo non solo per chi vincerà, ma per tutti quanti.
  • Sostegno: un finanziamento più corposo nei confronti dell’attività di un’influencer. Esattamente come accade per i film o gli eventi.
  • Brand ambassador: è la scommessa più grande che si possa fare ed è possibile solo se l’influencer crede davvero nell’azienda che rappresenterà. E’ l’inizio di una collaborazione a lungo termine.

Parlando di canali, invece, è presto detto: Instagram, Youtube e Tik Tok sono le piattaforme più redditizie e in cui il fenomeno si sta sviluppando sempre più. Anche Facebook, Twitch, Twitter e Pinterest possono essere buone scelte ma, in definitiva, la decisione del canale dipende dalle persone con cui decidi di collaborare.

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Marketing influencer: esempi

Di esempi di marketing influencer ce ne sono tantissimi. Ne abbiamo selezionati alcuni per mostrare in azione i punti di prima:

The Jackal Replay: i Jackal sono dei mass influencer che stanno diventando ormai social broadcaster. Con X-Factor, hanno realizzato uno show in onda prima di ogni puntata in cui ricapitolano ciò che era accaduto in precedenza.

Marcello Ascani x Tinaba: il giovane youtuber si occupa di viaggi e finanza personale. Con Tinaba ha prodotto due video: uno in cui viene ospitato in azienda e intervista diverse persone e uno in cui spiega come lui usa i servizi del marchio.

Sespo x Doritos: forte dei suoi 1.8 milioni di follower, Edoardo Esposito pubblica questo post singolo in cui mangia delle Doritos.

ClioMakeUp: pubblica costantemente story e post di trucchi che utilizza. Suoi e di diverse aziende.

Leggi anche l’articolo: Branded content marketing: perché puntare su questa strategia di comunicazione.

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Branded content marketing: perché puntare su questa strategia di comunicazione

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I brand fanno pubblicità, ma possono anche comunicarsi in altri modi? Si e il branded content marketing è uno di questi.

Ormai non è più una novità riservata a pochi pionieri dell’advertising: raccontare storie e creare contenuti vende e sempre più marchi stanno intraprendendo questa strada.

In questo articolo vedremo cosa significa branded content, come si fa e anche qualche storia di successo. Preparatevi ad abbandonare il piedistallo dell’advertising, perché tra la gente si sta davvero bene.

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Branded content – significato

La definizione di branded content è presto detta: produrre contenuti di vario genere per veicolare i valori del brand e innescare interazione con il pubblico.

Il punto di forza è proprio l’interazione: raccontando una storia, i brand instaurano un rapporto diverso con il pubblico che risulta più diretto rispetto alla pubblicità tradizionale e si pongono allo stesso livello delle persone, venendogli incontro e, semplicemente, parlando come si farebbe ad un amico. Se paragoniamo la pubblicità a un proclamo annunciato a gran voce, i branded content sono delle conversazioni informali come delle chiacchiere al caminetto.

Quando un marchio fa branded content cerca di raccontare qualcosa di utile per il pubblico. Non pensa a vendere, non vuole propinare un prodotto o un servizio. Vuole dire la sua, esprimere un pensiero, un valore. Il percepito è quello di un dialogo sincero, senza secondi fini.

Da qui gli altri vantaggi di questa pratica: aumentare l’awareness, ma soprattutto la qualità del legame tra customer e azienda. Ancora, aumenta l’engagement, la fidelizzazione e la percezione di un brand che è molto più di un simbolo rappresentato dal logo.

Il branded content è diverso dal native advertising. Con ‘native advertising’ si intende la produzione di contenuti sponsorizzati nella forma ‘nativa’ della piattaforma scelta. Ad esempio, un articolo sull’energia rinnovabile scritto da Enel su Wired.

Queste operazioni comunicano l’azienda, ma non sono necessariamente contenuti che generano interazione. Spesso si presenta semplicemente quel che fa l’azienda senza andare oltre: nel nostro esempio, si racconterebbe di come Enel affronta la sfida delle rinnovabili, ma non si cerca di trasmettere un valore aziendale generando discussione. Ciò non toglie, però, che ci siano casi di native advertising che possiamo anche considerare branded content.

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Branded content marketing – tipologie

Si può fare branded content marketing in tanti modi quanti sono i media e i linguaggi utilizzati dagli esseri umani. Branded content può essere un cortometraggio, una competizione sportiva, ma anche un quadro, una canzone, una raccolta di poesie.

Quindi, come scegliere? La regola d’oro è optare per ciò che ha senso inserito in un piano di marketing per PMI o di marketing sanitario. Non bisogna fare un video perché tutti lo fanno come non si deve escludere a priori un’esposizione d’arte perché (quasi) nessuna azienda l’ha mai realizzata. Se ha senso, funziona. Se si prendono decisioni ‘pigre’, il pubblico se ne accorge.

Ciò detto, possiamo comunque individuare una classificazione di diversi modi di fare contenuti branded:

  • Raccontare una storia: la strada più percorsa. Ci si trasforma in narratori per raccontare una storia che trasmetta gli ideali del brand. In due parole si fa storytellling d’impresa.
  • Intrattenere: creare dei momenti di intrattenimento inseriti nella cornice di significati del brand è un’ottima operazione. Più leggera, più divertente.
  • Aprire dibattiti: lanciare un tema, innescare discussioni. Il ‘content’ è minimale e sta più nel gestire la discussione e trarne le conclusioni.
  • Servizi utili: inventare un servizio accessorio al brand che sia coerente con i suoi valori.

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Branded content – esempi

Le storie di successo di aziende che hanno fatto operazioni di branded content marketing sono innumerevoli. Ce ne sono alcuni, però, che val la pena ricordare.

Le soap opera: può sembrare strano, ma sono state le prime forme di branded content. Nascono in radio, sono dei racconti dedicati alle casalinghe e per questo andavano in onda la mattina. Sponsorizzate dalle aziende di saponi e detersivi, sono un classico esempio di branded content legato all’intrattenimento.

RedBull: un’azienda che da sempre punta tutto sul branded content. Dopo la campagna ‘RedBull ti mette le ali’ smette di fare advertising classico e inizia a organizzare competizioni sportive, tornei videoludici e anche a produrre documentari. Sicuramente un asso del branded content marketing.

Despar: un caso recente, a inizio 2020. Despar commissiona a diversi illustratori la creazione delle sue Digital Visual Novels. Su Instagram, vengono pubblicati questi racconti accompagnati dai disegni degli artisti.

Nike Training App: anche Nike è un brand esperto in questo campo. Arriva, infatti, a inventare un’applicazione per allenarsi a casa che durante la pandemia ha spopolato. Bella, coerente, ma soprattutto utile.

Dumb ways to die: una canzone divertentissima lanciata dalla metropolitana di Melbourne per convincere le persone a fare attenzione a non morire stupidamente non rispettando le misure di sicurezza. Un mix tra cartoon, humor nero e storytelling che ha raggiunto rapidamente la viralità.

Insomma, gli esempi potrebbero continuare all’infinito: gli articoli interattivi tra NYT e Netflix, i migliaia di cortometraggi e di film branded, la campagna di Dove (Real Beauty) e tanti altri. Ma quale sarà il prossimo caso di successo?

Leggi anche l’articolo: Facebook Ads: come funziona, obiettivi, target e struttura.

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Facebook Ads: come funziona, obiettivi, target e struttura

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Se oggi vuoi fare pubblicità online, devi conoscere Facebook Ads. Grazie a questo strumento puoi creare inserzioni su Facebook, Instagram e Messenger per promuovere la tua attività. Lo usano tutti, pochi lo conoscono a fondo. In questo articolo parleremo delle basi di ciò che c’è da sapere per non cadere in errori grossolani che possono far fallire un’intera campagna inserita all’interno di una strategia di marketing per PMI o di marketing sanitario.

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Parliamo di come funziona, di come creare un target e di quali sono le caratteristiche di una buona sponsorizzazione. Strumenti di base, ma essenziali per far crescere un’azienda, la sua awareness e l’engagement che è in grado di creare.

 

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Perché usare Facebook Ads

Possiamo sintetizzare i motivi per cui è fondamentale usare Facebook Ads in questi punti:

  • Target specifico: il programma permette di rivolgere il tuo annuncio solamente alla platea a cui potrebbe interessare. Che siano giovani adolescenti di Trento o madri appassionate di cucina della provincia di Milano, Ads consente di selezionare il pubblico con una precisione altissima.
  • Statistiche dettagliate: Facebook Ads fornisce moltissimi strumenti di monitoraggio delle tue campagne. Il numero di visualizzazioni, il CTR (click-through rate) e tante altre statistiche utili a calibrare il messaggio per il miglior risultato possibile.
  • Platea: chi di noi non è iscritto almeno a uno tra Facebook e Instagram? Il pubblico di Facebook Ads è sterminato e questo è fondamentale per un’azienda. Tutti i potenziali clienti devono essere esposti alla campagna e, sui social network, nessuno viene escluso.

Oggi Google e Facebook gestiscono il 64% delle spese pubblicitarie mondiali e questo dato è inevitabilmente destinato ad aumentare. Anche per questo, usare Facebook Ads, o almeno conoscerlo, sta diventando sempre più un obbligo per chi fa pubblicità online. Ma come funziona questa grande piattaforma?

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Algoritmo Facebook Ads: come funziona

Gli spazi pubblicitari sono pochi, gli inserzionisti molti. L’algoritmo governa l’incontro tra domanda e offerta. E dunque, come è fatto questo algoritmo?

Il principio base è quello dell’asta. Chi offre di più ottiene lo slot, semplice. Se ci sono due aziende che competono per rivolgersi allo stesso pubblico, quella delle due che è disposta a pagare di più per ottenere l’impression, se l’aggiudica. Questo in generale.

Andando nel dettaglio, però, le cose si fanno più complesse. Pensaci: se gli spazi andassero semplicemente a chi paga di più, avremmo bacheche affollate solo ed esclusivamente da ads di grandi marche. Per Facebook Ads, invece, esistono diversi altri criteri che permettono di assegnare più correttamente gli slot.

Elencandoli brevemente: target e settore di riferimento, giorni e ore degli ads, territorio di riferimento, obiettivo della campagna, format scelto e il fatidico punteggio di pertinenza.

Più un Ad è guardato e cliccato dagli user, più aumenta il suo punteggio di pertinenza e Facebook Ads sarà ben felice di mostrarlo più spesso al target scelto. Se, al contrario, non viene mai preso in considerazione, l’applicazione lo considererà un contenuto negativo per l’esperienza social dell’utente e lo penalizzerà.

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Obiettivi delle campagne Facebook Ads

Ogni campagna di Facebook Ads inizia con un obiettivo. Gli obiettivi indicano la via e influenzano già l’algoritmo che poi porterà il messaggio pubblicitario all’utente finale. I più comuni sono:

  • Mettere in evidenza un post di Facebook o Instagram.
  • Promuovere la propria pagina, obiettivo generico per tutti (altamente sconsigliato).
  • Promuovere l’azienda a livello locale, pensato per le piccole e medie imprese, ma sconsigliato per esperienza.
  • Fai crescere la tua azienda, perfetto per un progetto di comunicazione a lungo termine.

Oltre a questi, esistono altri tre obiettivi più specifici, che mirano a ottenere specifiche interazioni da parte dell’utente:

  • Ottieni più interazioni.
  • Ricevi più messaggi.
  • Ricevi più visite sul sito web.

Questi tre vengono utilizzati spesso come campagne ‘complementari’ a una di più ampio respiro. Per la grande maggioranza dei casi, si preferisce iniziare da obiettivi di awareness e brand building.

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Target delle campagne Facebook Ads

Uno degli strumenti più potenti di Facebook Ads è la selezione del target. A ogni campagna che creiamo ci viene chiesto a chi il messaggio pubblicitario va indirizzato, così siamo in grado di personalizzare il nostro pubblico.

Tra i filtri utilizzabili troviamo: età, posizione geografica, genere, posizione finanziaria, avvenimenti importanti, interessi, e tantissimi comportamenti. Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica tuttavia, queste opzioni si sono drasticamente ridotte, soprattutto per quel che riguarda la professione dell’utente. Al punto che spesso se si vuole raggiungere un target professionale ben definito conviene usare le Ads di LinkedIn, nonostante l’alto costo delle stesse.

Esclusi casi particolari comunque, è davvero impressionante il livello di dettaglio che si può raggiungere su Facebook Ads. Possiamo, per esempio, filtrare in base al browser di accesso, al sistema operativo, alla qualità della connessione. O ancora: possiamo individuare i genitori di figli in età prescolare o le persone fidanzate da meno di 30 giorni (anche alcune di queste targettizazzioni col tempo vengono rimosse nel maggior rispetto della privacy). Insomma, spaccare il capello è un’operazione grossolana a confronto.

Alla fine della selezione del target, Facebook Ads indica se la platea finale è troppo stretta, troppo ampia o bilanciata. Decidere di confermare un pubblico troppo preciso o troppo generico rischia di dare problemi durante le campagne. Sarà a quel punto più difficile trovare degli spazi disponibili in cui inserire il proprio annuncio.

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Struttura della sponsorizzazione

Generalmente le campagne di Facebook Ads si compongono di tre parti: un’immagine (o video), un titolo e una descrizione. Ovviamente queste variano in base al tipo di sponsorizzazione che stiamo creando, ma nella maggior parte dei casi, questi 3 elementi sono sempre presenti.

L’immagine deve rispettare le linee guida del social a partire dalle dimensioni. Le proporzioni devono andare da 1,91:1 a 1:1, quindi da formato rettangolare a quadrato. Il file deve essere jpg o png e la definizione consigliata è di 1080×1080 per i formati quadrati e 1920×1080 per quelli rettangolari. Per questo motivo occorre una progettazione grafica ad hoc per rendere belle e funzionali le campagne.

Così anche i video, che devono avere proporzioni incluse tra 9:16 e 16:9, durata massima di 240 minuti. Viene consigliata la compressione H.264, in pixel quadrati, con frequenza di fotogrammi fissa, scansione progressiva e compressione audio AAC stereo ad almeno 128 kbps.

Per quanto riguarda il titolo, abbiamo a disposizione 25 caratteri. Solitamente si inserisce il nome dell’azienda, un brevissimo invito all’azione o un’espressione evocativa. La descrizione permette più libertà, essendo commisurata a quelle dei post tradizionali. La descrizione è l’anima della sponsorizzazione: dal copy dipende in buona parte l’esito della campagna.

Per una buona sponsorizzazione è dunque fondamentale conoscere i limiti tecnici così come bisogna avere un’idea e comunicarla al meglio.
Un testo accattivante, immagini o video di qualità che sappiano emozionare e informare al meglio il target sono essenziali. Insomma SEO e copywriting persuasivo e storytelling sono le colonne portanti di una sponsorizzazione Facebook efficace.

Facebook Ads può essere (ed è) lo strumento più perfetto e preciso del mondo, ma, alla fine, quello che fa davvero la differenza è il contenuto delle nostre inserzioni.

Leggi anche l’articolo: Cosa è lo storytelling e perchè è importante nel marketing.

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Cosa è lo storytelling e perchè è importante nel marketing

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Il termine storytelling è entrato prepotentemente nel gergo del marketing aziendale nel corso degli ultimi anni. Il suo uso (e talvolta il suo abuso) hanno portato però a una certa confusione. Se apparentemente tutto all’interno della comunicazione aziendale può essere inserito nel calderone dello storytelling, in cosa consiste di preciso questa fondamentale strategia comunicativa?

Capirlo è fondamentale per sfruttare tutte le sue enormi potenzialità.

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Definizione di storytelling

A livello puramente letterale, fare story-telling significa raccontare una storia.

Il significato dello storytelling nel corso dello sviluppo della società umana è enorme: attraverso la cultura orale, cioè il racconto di antiche storie, i nostri avi trasmettevano le conoscenze più preziose per la continua costruzione e soprattutto per la sopravvivenza della loro comunità.

Attraverso il racconto gli esseri umani sono riusciti a dare forma coerente al caos di esperienze offerte dal mondo: è per questo motivo che le antiche storie e le antiche leggende hanno sempre uno scopo educativo.

Lo storytelling funziona perché il nostro cervello è “programmato” per organizzare e immagazzinare nozioni in forma narrativa, stabilendo tra di esse relazioni logiche e comprensibili.

Le parole non sono l’unico strumento di cui si avvale lo storytelling: azioni, immagini e reazioni psico fisiche sono strumenti preziosi quanto il testo, se non addirittura di più. Per questo motivo è strettamente necessario riuscire a utilizzarli tutti in maniera coerente nel digital storytelling, ovvero nella narrazione veicolata attraverso gli strumenti digitali.

Applicando le dinamiche narrative nel business sia nel marketing per PMI, che nel marketing Sanitario gli autori possono creare storie che coinvolgono i potenziali clienti: interazione e partecipazione sono due caratteristiche fondamentali dello storytelling.

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Perchè funziona perfettamente la coppia digital storytelling – marketing

Il marketing è quell’insieme di tecniche e di strategie utilizzate per convincere un potenziale cliente a trasformarsi in un cliente effettivo procedendo all’acquisto di beni e servizi.

Il motivo per cui la coppia digital storytelling – marketing funziona perfettamente è il cambio di prospettiva da parte del cliente finale: non c’è più solo il bisogno di trovare una soluzione pratica e veloce ad un problema da soddisfare tramite un prodotto, ma anche quello di riconoscersi nei valori del brand che lo vende.

I motivi per cui oggi si decide di acquistare un determinato prodotto rispetto a uno simile ma di un brand differente quindi non è soltanto la qualità di cui una determinata marca è sinonimo, ma anche tutto l’immaginario che si costruisce intorno a quel prodotto attraverso lo storytelling aziendale dell’azienda produttrice.

Fino a non molti decenni fa, una delle funzioni del marketing creato attorno a un prodotto era l’elevazione di quel prodotto a status symbol. Possedere un determinato prodotto consente immediatamente di entrare all’interno di una cerchia ristretta di persone “vincenti” o comunque privilegiate rispetto ad altre.

Anche se la funzione di status symbol di molti prodotti è ancora fondamentale, basta pensare a tutta la gamma di prodotti Apple, oggi il consumatore ha sviluppato bisogni di tipo etico che prima non possedeva o che possedeva in maniera minore.

Oggi non acquistiamo un prodotto solo per la sua utilità o per lo “status sociale” a cui permette di accedere: acquistiamo un prodotto per come ci fa sentire e perchè ci fa diventare protagonisti di una storia.

Lo storytelling aziendale dev’essere in grado di raccontare l’azienda mettendola in stretta relazione con i principi etici condivisi dal suo target di riferimento, riuscendo a stabilire una forte connessione emotiva tra l’azienda e il cliente, una sorta di alleanza che il cliente ha voglia di stringere e di mantenere nel tempo.

Raccontandosi nella maniera più diretta ed efficace possibile, un’azienda deve condividere con il cliente:

  • la propria storia: “Chi Siamo”
  • i propri valori aziendali: “In Cosa Crediamo”
  • i propri obiettivi: “Cosa Facciamo e Cosa Faremo”

“Quest’azienda condivide i tuoi stessi valori e vuole che tu diventi colui che li diffonde” è il messaggio di base che dovrebbe essere veicolato dal digital storytelling pensato come storytelling aziendale.

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Esempi di storytelling che funziona

La Coca Cola è uno dei marchi che ha prodotto uno storytelling coerente ed efficace nel corso di decenni, rimanendo sempre fedele ai propri valori e riuscendo a “vendere” non soltanto una bibita ma tutta una costellazione di valori. Amicizia, condivisione, armonia, sentimenti di allegria e leggerezza sono sempre veicolati dai suoi spot e dal complesso della sua comunicazione aziendale da decenni a questa parte.

Barilla è un marchio storico che è diventato sinonimo di “pasta italiana”. Il suo storytelling, dai tempi della bambina con l’impermeabile giallo fino al recentissimo spot che ha raccontato il lockdown, si rifà ai valori della tradizione familiare e della convivialità. Lo storytelling aziendale di Barilla è stato in grado di raccontare un presente trasmettendo al pubblico serenità e sicurezza anche in un momento storico difficilissimo come quello che l’Italia ha attraversato negli ultimi mesi, mantenendo inalterata la fiducia del pubblico nei confronti del brand.

Leggi anche l’articolo: Cosa è una landing page e a cosa serve.

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Cosa è una landing page e a cosa serve

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Vuoi vendere i tuoi prodotti o i tuoi servizi on line? Hai bisogno di un sito web.

Vuoi che la maggior parte degli utenti del tuo sito si trasformino in clienti? Hai bisogno di una buona landing page.

La Landing Page è lo spazio web sul quale avviene la magia: un utente si “converte” in contatto (lead) o addirittura in cliente (customer). Atterrando sulla landing page un utente viene letteralmente guidato a compiere delle azioni che interessano all’azienda e che iniziano o concludono la sua trasformazione in cliente.

Per questo motivo la progettazione di una landing page efficace è fondamentale per aumentare i contatti e le vendite ottenuti attraverso un sito web.

Per creare una landing page di successo bisogna seguire delle regole semplici ma fondamentali e, soprattutto, non trascurare alcun dettaglio.

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Cos’è una Landing Page

Prima di definire cos’è una Landing Page è bene definire cosa non è: una landing page non è la Home Page di un sito. La Home accoglie il cliente, fornisce una serie di informazioni in merito all’azienda nonché ai prodotti e ai servizi che essa commercializza. La home page è quindi il punto di partenza dello storytelling aziendale e, spesso, è una pagina dinamica che viene aggiornata mano a mano che vengono inseriti contenuti sul sito o con una rotazione programmata degli stessi contenuti. Solitamente nella Home Page compare anche il modulo relativo al blog e news.

A differenza della Home Page, la Landing Page è una pagina statica ed è essenziale nella sua strutturazione. Contiene pochissimi elementi grafici e testuali tutti finalizzati a far compiere un’azione specifica all’utente. Infatti l’aspetto fondamentale che caratterizza questa tipologia di pagina destinata al marketing per PMI è che l’utente non deve essere distratto da altri link che lo conducono a navigare verso altre pagine: quindi lontano dalla conversione finale.

A seconda dello scopo con cui sono create, le Landing Page si dividono in Lead Page e Sales Page.

Una Lead Page è finalizzata alla raccolta dati degli utenti, il più importante dei quali è l’indirizzo email utile per la creazione di una mailing list da utilizzare per l’email marketing, ovvero per il direct marketing.

Al fine di convincere il cliente a lasciare i propri dati, la Lead Page offre qualcosa in cambio all’utente. Esempi tipici sono ebook, webinar, prove gratuite e così via.

Una Sales Page è invece finalizzata a portare l’utente ad effettuare un acquisto, attivando direttamente la sua trasformazione da utente a cliente.

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Come creare una landing page efficace

Una Landing Page strutturata ad arte è in grado di alzare il tasso di conversione anche del 2,35%. Date le sue potenzialità è necessario operare con la massima attenzione nel momento in cui si va a definire la Landing Page del proprio sito. Per la progettazione e la creazione di Landing Page ad hoc bisogna rivolgersi a una web agency.

Innanzitutto è necessario stabilire l’obiettivo che si vuole raggiungere attraverso la Landing Page: aumentare la lead generation attraverso l’iscrizione alla newsletter implementando una strategia di funnel marketing, spingere determinati prodotti e servizi, condurre gli utenti a cliccare su una pagina social o su una pagina web. Tutti questi sono obiettivi potenziali tra i quali è necessario scegliere il più adatto alla propria azienda e ai propri scopi. Le perfomance della pagina devono essere sempre misurabili: in questo modo si capisce se la Landing Page è efficace oppure se è necessario fare delle modifiche nella struttura o nella progettazione grafica.

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La Landing Page deve proporre un vantaggio concreto, cioè fare una proposta di valore a coloro che vi “atterrano sopra”. Per farlo è necessario individuare il bisogno degli utenti, espresso o implicito, e soddisfarlo in maniera utile e realmente apprezzabile.

A questo fine è strettamente necessario descrivere la propria USP, cioè la Unique Selling Proposition offerta dall’azienda. La Unique Selling Proposition è ciò che rende assolutamente unico il prodotto o il servizio offerto dall’azienda. È ciò che risponde alle domande: “Perché acquistare questo determinato prodotto dalla specifica azienda? Cosa li diversifica dagli altri? Perchè mi conviene?”.

A livello tecnico una Landing Page efficace deve contenere:

  • Testi brevi e diretti: meglio se ripetuti in vari punti anche sotto forma di elenco puntato. Spesso l’utente legge “a saltare” oppure non ha tempo quindi un riepilogo in punti cattura meglio la sua attenzione.
  • Immagini emozionali ed esplicative: le foto o gli elementi grafici devono essere facilmente visibili e devono catalizzare lo sguardo verso le CTA. Per esempio se mettiamo la foto di una persona è fondamentale che abbia lo sguardo rivolto verso il bottone.
  • Call to action: ben evidenziate con bottoni dai colori vivi e con testo con invito esplicito: “Acquista ora”, “Iscriviti alla newsletter”, “Leggi i nostri articoli.”
  • Testimonianze: mostrare le recensioni positive di chi ha già provato un prodotto o un servizio è un tassello fondamentale nella persuasione degli utenti che nutrono ancora qualche dubbio sull’acquisto.

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Landing page: esempi

Spotify è un servizio di streaming musicale che propone una landing page ottimizzata. Essenziale, colori ad alto contrasto, testi stringati e che vanno subito al sodo e una call to action in evidenza.

Google ha strutturato la sua Landing Page per il servizio Drive con elementi basilari ma di sicuro impatto: i testi evidenziano la facilità di utilizzo e c’è subito la CTA con pulsante per effettuare la prova gratuita. Una parte differenziante rispetto a Spotify è l’inserimento delle recensioni. Queste sono una leva di convincimento molto importante.

Leggi anche l’articolo sul Marketing Sanitario: Marketing sanitario: definizione, strategie, esempi.

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Cosa è il direct marketing: definizione, a che serve, esempi

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Il web ha offerto alle aziende moltissimi nuovi strumenti che consentono di arrivare direttamente al potenziale cliente.

Più efficiente, più versatile e più economico del marketing tradizionale, il Direct Marketing ha rivoluzionato l’approccio della comunicazione pubblicitaria moderna e ha creato per le aziende scenari e occasioni inimmaginabili fino a pochissimi anni fa.

Quali sono le caratteristiche principali di questa tecnica, e quali sono le differenze con il marketing tradizionale offline?

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Direct Marketing: definizione

Il Direct Marketing, cioè il Marketing Diretto, è quell’insieme di strategie comunicative che consente a un’azienda di “parlare” al proprio cliente ideale senza intermediari.

Questa tipologia di marketing quindi si rivolge subito al target di riferimento e in questo modo non disperde investimenti, tempo ed energie in fronzoli inutili come avviene spesso in altri approcci.

L’obiettivo concreto del Direct Marketing è portare un potenziale cliente a compiere un’azione: fornire dati personali per la profilazione, cliccare sul sito o sullo shop dell’azienda, eseguire un acquisto.

Tra i principali pregi di questa tecnica di marketing c’è il fatto di produrre risultati misurabili che permettono all’azienda di correggere gli errori e migliorare le performance della propria azione di marketing durante la campagna successiva.

Per valutare oggettivamente l’apporto di questa tipologia di marketing per PMI basta guardare ad un dato statistico riguardante l’indice ROI, cioè il Return Of Investement, che è altissimo: per 38 $ investiti il ritoro è del 3.800%.

Il Direct marketing è adatto potenzialmente a tutte le tipologie di aziende, dal momento che esistono moltissimi canali tra cui scegliere e su cui concentrare i propri sforzi. Chiaramente avere anche una pianificazione che integra il funnel marketing è un plus non indifferente: in questo modo costruiamo un database che è essenziale per poi procedere con le campagne DEM (Direct email marketing).

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Perché fare Direct Email Marketing?

Il Direct Email Marketing consiste nell’invio di email a contatti già acquisiti e profilati in un database appositamente creato e strutturato.

La modalità di acquisizione della lista è fondamentale per il successo della campagna pubblicitaria che si intende avviare.

Se la lista in questione è stata comprata o affittata da appositi siti web, con ogni probabilità la campagna darà pochi risultati: non sono clienti in target che sono arrivati sul nostro sito per un motivo specifico e hanno deciso di iscriversi. Di conseguenza anche la conversione in clienti effettivi sarà quasi impossibile su questi contatti perchè sono ciò che in gergo tecnico viene definito “contatti freddi.”

La questione è completamente diversa se per la propria campagna di Email Marketing si utilizza una lista di contatti ottenuta tramite l’iscrizione diretta di persone interessate, cioè da “clienti caldi” che hanno già manifestato interesse per l’azienda o il prodotto in questione: solitamente si implementa un modulo ad hoc nella fase della creazione sito web. In questo caso si devono confezionare email “su misura” per spingere particolari promozioni, o far conoscere prodotti in linea con gli acquisti che i clienti hanno già effettuato in passato.

Il testo della mail e le offerte in esso contenute risultano assai più accattivanti e convincenti quando danno al potenziale cliente l’impressione che il prodotto o l’offerta pubblicizzati sono fatti “apposta per lui”.

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Terminologia ed esempi di marketing a risposta diretta

Per costruire un’efficace strategia di Email Marketing è necessario conoscere la terminologia tecnica del settore. Ecco un elenco dei termini fondamentali:

  • Open Rate – Questo parametro indica quante volte è stato aperto il messaggio con cui si veicola il proprio messaggio.
  • Click Through Rate – Indica quante volte un potenziale cliente ha cliccato su un banner pubblicitario per accedere all’offerta pubblicizzata.
  • Unsubscribe Rate – Da una mailing list ci si può disiscrivere: questo parametro indica la percentuale di contatti che, dopo aver ricevuto alcune mail, decidono di non volerne ricevere altre.
  • Bounce Back – Alcuni indirizzi email (anche quelli forniti direttamente dai clienti) sono scritti in maniera scorretta. Questo comporta che una certa percentuale di mail inviate a una mailing list torni indietro e questo parametro indica gli indirizzi da cancellare perchè inutili.

Per quel che riguarda gli esempi di marketing a risposta diretta è bene sempre partire dalla nostra esperienza come clienti. Vi è mai capitato di ricevere magari una newsletter in occasione del vostro compleanno con un deal dedicato solo a voi? Oppure un invito a partecipare per un evento di un’azienda che magari inaugura un nuovo punto vendita. Ecco questi sono tutti esempi concreti di direct marketing: far sentire speciale un cliente che già si identifica con il vostro brand, altrimenti non si sarebbe fidato di voi lasciandovi i suoi contatti, è il passo finale verso la conversione.

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Direct Response Marketing vs Marketing Offline

Rispetto al Marketing offline, ovvero quello tradizionale, il Direct Response Marketing che viene effettuato on line presenta una serie di vantaggi:

  • Value for money – Il Direct Marketing ha un value for money percepibile e soprattutto misurabile. Quando invece l’azienda paga un’inserzione pubblicitaria su un cartellone non saprà mai quanti di quelli che l’hanno vista sono poi andati da loro a comprare i prodotti.
  • Sforzi mirati – Allo stesso modo se ho un cliente che conosco già in base ai suoi interessi cerco proprio lui e mi concentro solo su di lui. Sparare pubblicità a casaccio nel mucchio ha solo un effetto controproducente, fino a sfociare nell’antipatia verso un brand e nella refrattarietà. Limitando quindi la platea dei possibili acquirenti anche gli investimenti sono ponderati.
  • Data driven communication – I dati generati dai vari strumenti di analisi che possono essere messi in campo vanno analizzati da una web agency esperta per poter guidare ancora meglio ottimizzando il budget investito da parte dell’azienda.

Leggi anche l’articolo: Marketing sanitario: definizione, strategie, esempi.

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Marketing sanitario: definizione, strategie, esempi

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Perché la professione medica ha bisogno del marketing? In cosa il marketing sanitario è differente rispetto alle strategie di marketing che funzionano per qualsiasi altro settore?

La risposta a queste domande dipende proprio dal settore a cui ci stiamo riferendo: la professione medica non è una professione qualsiasi dal momento che si basa su principi etici non comuni e ha uno scopo più sensibile perchè riguarda la vita delle persone, rispetto a moltissime altre attività.

Cosa significa curare una strategia di marketing in maniera che sia cucita su misura per le esigenze di un professionista o per una struttura di un settore medico? Quali sono i benefici che si ottengono da una buona strategia di marketing sanitario?

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Cos’è il marketing sanitario?

Il marketing sanitario è l’insieme di quegli accorgimenti e implementazioni che funzionano esclusivamente per il settore medico: parliamo infatti di un ambiente che ha le sue regole per cui occorre conoscere a fondo questo mondo e come si fa comunicazione al suo interno.

L’obiettivo finale è quello di creare una presenza on line del professionista o del centro medico perfettamente in linea con il suo settore e con il tono di voce adatto. Questo significa innanzitutto avere una coerente visione d’insieme, mirata a far sì che il cliente sia presente on line con un personal branding che lo rappresenti pienamente, con un sito web funzionale e utile per il paziente, con una presenza social positiva in grado di veicolare contenuti informativi per dimostrare che è un esperto nella sua specializzazione e allo stesso tempo di creare legami empatici con pazienti vecchi e nuovi.

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Tutte le fasi della migliore strategia di marketing sanitario

La messa a punto di una strategia segue degli step ben precisi nell’ambito del marketing sanitario e si pone diversi obiettivi tra cui:

  • Creare una reputazione positiva per il cliente che si impernia sulla fiducia
  • Evidenziare la professionalità e l’eccellenza del cliente nel suo ambito
  • Aumentare i contatti con i potenziali clienti e mantenere il rapporto con quelli già acquisiti attraverso mostrandosi sempre reperibili

Nel caso di un cliente nell’ambito sanitario quindi la campagna di marketing che studiamo per lui non si rivolge a semplici consumatori ma a pazienti, cioè a persone che gli affidano letteralmente la propria salute e la propria vita. Ecco perchè commettere un passo falso on line danneggiando la propria reputazione ha delle ripercussioni gravissime a livello di immagine.

Analisi preliminare e brand creation

La campagna di marketing sanitario parte da un’accurata analisi del settore tenendo conto della professionalità e della strutturazione, nel caso di centri medici, del cliente.

Le premesse da cui partire sono infatti molteplici e possono influenzare pesantemente la strategia di comunicazione:

  • Il cliente lavora già da anni oppure si è appena affacciato ad operare nel settore?
  • Il cliente si occupa solo di problemi legati ad una branca di specializzazione o ne copre di più?
  • La realtà che lo circonda è quella di una grande metropoli o di una piccola cittadina?

Rispondere a tutte queste domande consente di definire la situazione di partenza al fine di determinare la strategia di marketing efficace da intraprendere per creare un’immagine convincente e adatta. Inoltre è necessario capire cosa differenzia quel cliente da tutti gli altri e valorizzare la sua USP: unique selling proposition.

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Creazione della presenza on line

Un cliente in ambito sanitario dev’essere rappresentato on line attraverso la creazione di un sito internet facilmente navigabile da parte dei suoi pazienti: attraverso di esso diffonde e condivide informazioni utili e consigli in merito alla propria specializzazione. Così diventa il punto di riferimento e l’esperto da consultare.

Il sito necessita di una consulenza SEO per ottimizzare i contenuti: così facendo risulterà visibile ad un gran numero di potenziali clienti/pazienti.

I social sono infine uno strumento cardine nel marketing sanitario: il tono di voce che deve essere impiegato sulle piattaforme è in continuità con quello del sito istituzionale. Attraverso la gestione social network professionale il cliente riesce ad entrare davvero in contatto con i pazienti e si fa raggiungere da loro che sono felici di essere sempre seguiti.

Reinvestire sul marketing

In questo settore così delicato occorre rivolgere continuamente energie e sforzi sia a livello di tempo, che a livello economico nel marketing sanitario. Questo perchè i pazienti finali devono sempre ricevere attenzioni e la presenza online è fondamentale in questo. Inoltre il professionista o il centro medico sanno benissimo che la medicina è in costante aggiornamento quindi il comunicare che anche loro sono al passo coi tempi è di cruciale importanza.

La percezione dei loro utenti finali a quel punto è assolutamente positiva. Per tutti questi motivi un progetto di marketing sanitario solitamente si prolunga nel tempo.

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Esempi di marketing sanitario

Il marketing sanitario è un marketing ad alta specializzazione che non può e non deve assolutamente essere improvvisato dal fai da te. Abbiamo applicato i principi di marketing sanitario nella realizzazione del progetto con il Professore Neurologo Fabio Antonaci e con un gruppo di cliniche di cui abbiamo realizzato un case study.

Leggi anche l’articolo: Nuovo sito web per lo studio dentistico del Dottor Gola.

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Cosa è il funnel nel marketing

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Il funnel marketing è un argomento di cui si è discusso moltissimo negli ultimi anni.

Le aziende che stanno costruendo o che vogliono sviluppare la propria presenza on line si rivolgono agli esperti di funnel marketing per farsi conoscere e aumentare le vendite, utilizzando a questo scopo un’ampia serie di canali digitali.

Ecco cos’è il funnel marketing e quali sono, nel dettaglio, le fasi in cui si sviluppa.

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Definizione di funnel marketing

Il funnel marketing è una strategia di marketing per PMI che consente alle aziende di instaurare un rapporto diretto e proficuo con le persone che compongono il target dei loro prodotti o servizi.

Le persone potenzialmente interessante ad eseguire un acquisto vengono guidate passo passo attraverso il funnel, fino a eseguire un’operazione d’acquisto: l’obiettivo è trasformare persone che non erano mai entrate in contatto con un marchio o con un prodotto in clienti soddisfatti e affezionati.

La parola “funnel” in inglese significa “imbuto” e il motivo per cui è stato scelto questo nome è molto semplice: la funzione pratica di un imbuto è quella di incanalare grandi quantità di liquido verso un punto preciso: alla stessa maniera la strategia del funnel marketing è finalizzata a incanalare l’attenzione di un vasto pubblico verso il compimento di una determinata azione, tipicamente l’acquisto di un prodotto o di un servizio.

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A cosa serve il funnel di vendita

Il funnel di vendita è finalizzato a guidare il potenziale cliente (lead) verso un’azione di vendita “intercettando” i suoi bisogni nel momento in cui essi si presentano e offrendo una soluzione adeguata a soddisfarli.

Naturalmente il prodotto o il servizio che si intende vendere deve essere presentato come la soluzione migliore o più conveniente per il soddisfacimento di quel bisogno specifico, successivamente si deve agire su più fronti al fine di convincere il cliente ad eseguire l’acquisto.

La conoscenza del proprio target di vendita è un requisito fondamentale per la progettazione e la messa in opera di una campagna di funnel marketing.

La definizione di alcuni modelli di clienti ideali (buyer personas) permetterà di definire con puntualità quali sono le abitudini social dei propri potenziali clienti, quali sono i prodotti che acquistano normalmente o almeno i loro brand di riferimento. Il loro sesso e la loro età naturalmente sono informazioni vitali per la corretta definizione del target.

Una volta conclusa la fase della profilazione dei clienti si può passare a strutturare una strategia di funnel marketing vera e propria che riesca a rivolgersi con precisione quasi chirurgica ai clienti ideali dell’azienda.

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Le fasi del funnel marketing

Come già detto, il funnel marketing “accompagna” passo passo il cliente verso l’acquisto attraverso una serie di azioni che corrispondono a vari livelli sempre più profondi dell’imbuto.

Fase 1 – Awareness (Consapevolezza)

In questa fase si ha a che fare con un cosiddetto “cliente freddo” o “lead”. Si tratta di un cliente che ha un bisogno specifico, ma che non conosce né il brand né il prodotto che si intende vendere attraverso il funnel commerciale che stiamo mettendo in atto.

Compito della strategia sarà rendere noto il prodotto al cliente attirando la sua attenzione.

Fase 2 – Interest (Interesse)

Dopo aver reso il potenziale cliente consapevole dell’esistenza del prodotto che si intende vendere è necessario attirare il suo interesse verso il prodotto: l’ideale sarebbe che il cliente (che in questa fase viene chiamato “prospect”) faccia una ricerca su internet per ottenere informazioni sul prodotto.

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Fase 3 – Decision (Decisione)

La rete fornisce ai suoi utenti tutti gli strumenti necessari ad acquisire informazioni su un gran numero di prodotti, spesso messi sul mercato da aziende concorrenti tra loro. In questa fase è necessario indirizzare la scelta (o decisione) del cliente verso il proprio prodotto.

Fase 4 – Action (Azione)

Dopo aver scelto di acquistare il prodotto, il cliente deve passare dalle intenzioni ai fatti compiendo un’azione d’acquisto e, naturalmente, va indirizzato verso di essa.

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Funnel digital marketing: i vari strumenti

Il digital marketing mette a disposizione una vasta serie di strumenti, ognuno dei quali dà il meglio di sé in una particolare fase del funnel di vendita: quindi è importantissimo avere un’ottima gestione dei Social Network in prima istanza perchè si può ottenere l’attenzione del potenziale cliente.

Nella prima fase infatti è fondamentale un’efficace comunicazione pubblicitaria che fornisca informazioni utili e interessanti sul prodotto o sul servizio pubblicizzato. L’obiettivo di questa fase è ottenere un indirizzo email per ogni cliente.

Nella seconda fase e nella terza si inviano email agli indirizzi ottenuti, proponendo contenuti di valore (idee sull’utilizzo dei prodotti, informazioni interessanti in merito all’ambito in cui il prodotto si inserisce, eccetera) e offerte speciali esclusive per coloro che sono entrati a far parte della mailing list.

La quarta fase si sviluppa di solito attraverso un contatto diretto con il cliente: una telefonata o un incontro dal vivo sono la conclusione ideale del funnel di vendita. L’alternativa è costituita da una landing page efficace che conduce il cliente a effettuare l’acquisto on line in autonomia.

Leggi anche l’articolo: SEO cosa significa e perché è importante per il marketing.

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SEO cosa significa e perché è importante per il marketing

Chiunque abbia un sito sogna di vederlo posizionato nella prima pagina di ricerca di Google, magari addirittura in primissima posizione. Come si ottiene un risultato del genere? Non c’è una risposta semplice, dal momento che per ottenere la totale approvazione di Google (e degli altri motori di ricerca) è necessario soddisfare una lunga serie di requisiti che vanno dalla user experience fino alla velocità di caricamento delle pagine passando attraverso la rilevanza e il valore dei contenuti, cioè la loro utilità per l’utente.

L’insieme dei fattori da soddisfare per ottenere le prime posizioni sui motori di ricerca viene studiato da specialisti del settore, che fanno in modo di comprendere quali siano le strategie globali da mettere in atto per ottenere un buon posizionamento del sito. Lo studio e l’attuazione di tali strategie vanno sotto il nome di SEO.

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Breve storia della SEO per furbetti

Per molti anni la SEO ha generato intorno a sé un alone di sospetto: in passato infatti le pratiche per ottenere un buon posizionamento non erano sempre corrette. Andavano dall’acquisto di link sulle cosiddette pagine Directory da puntare verso la pagina da posizionare all’inserimento di parole chiave nascoste (la famigerata pratica del keyword stuffing) che mirava a convincere Google della rilevanza e del “valore” di una pagina web di scarsa qualità.

Oggi la SEO è molto più di questo ed è ancora uno strumento fondamentale per il posizionamento e di conseguenza per la generazione di fatturato ottenibile attraverso un sito web.

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Cosa significa l’acronimo SEO?

L’acronimo SEO indica la Search Engine Optimization, ovvero l’Ottimizzazione per i Motori di Ricerca. Ecco quindi cosa significa SEO.

A questo significato letterale con il passare del tempo se ne è aggiunto un altro: con l’acronimo viene indicato anche il consulente SEO in grado di agire a più livelli su un sito al fine di migliorare il suo posizionamento.

Tutti gli aspetti di una buona SEO

Come già detto l’ottimizzazione per i motori di ricerca non è qualcosa di semplice e di immediato. Al contrario, si tratta di un insieme complesso di aspetti su cui occorre lavorare in maniera strutturata e parallela, senza tralasciare nulla.

 

Gli aspetti principali della SEO sono:

  • SEO on-page / SEO on-site
    È l’ottimizzazione del contenuto della pagina web e riguarda principalmente il testo: questo deve includere parole chiave in maniera strategica e presentare una strutturazione di titoli e sottotitoli valida per Google. Inoltre interessa anche gli attributi delle immagini, ovvero titolo, descrizione e didascalia.
  • SEO off-page / SEO off-site
    È costituita dalla struttura di link che conducono alla pagina “partendo” da altri siti. Maggiore è il numero di link che “entra” in una pagina, maggiore è il valore che Google attribuisce alla pagina in questione. A patto, naturalmente, che i link provengano da pagine affidabili e non siano acquistati da domini di dubbia qualità
  • SEO tecnica
    Le pagine del tuo sito si caricano facilmente? La creazione del sito web è stata fatta in ottica responsive? Tutti i plug in sono correttamente installati? Un sito funzionante dal punto di vista tecnico è fondamentale per ottenere l’approvazione di Google e, per questo, è necessario affidarsi a un web developer esperto, che sappia gestire e ottimizzare il tuo sito anche dal lato programmazione.

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Quanto conta la SEO nel marketing on line?

Proporre a Google un sito ottimizzato per i motori di ricerca e quindi ottenere un buon posizionamento nelle pagine di ricerca è uno strumento di marketing fondamentale al giorno d’oggi.

Se una pagina web riesce a comparire tra i primi risultati di ricerca proposti da Google vuol dire una sola cosa: quella pagina è in grado di rispondere a una determinata esigenza di ricerca degli utenti (search intent): questi utenti possono diventare clienti potenziali (lead).

Avere un sito interessante che pubblicizza un buon prodotto, ma che non è ben posizionato sui motori di ricerca è come possedere un negozio di lusso in un deserto. I clienti non riusciranno a raggiungerlo, probabilmente non saranno nemmeno a conoscenza della sua esistenza e, di conseguenza, non acquisteranno i suoi prodotti.

Il rapporto SEO – marketing, quindi, è più stretto di quanto si pensi. Il Sarch Engine Marketing, ovvero il Marketing che si fa attraverso i motori di ricerca, si compone infatti di due discipline: SEO e SEA.

La SEA è la Search Engine Advertising, ovvero la pubblicità a pagamento sui motori di ricerca. La SEA assicura risultati sul breve periodo, ma necessita di investimenti continui per tenere alta la visibilità e quindi le vendite di un prodotto, poiché bisogna acquistare continuamente spazi pubblicitari che indirizzano sul sito i potenziali clienti.

La SEO funziona in maniera completamente diversa: gli investimenti sulla SEO di un sito (ottimizzazione tecnica, produzione di contenuti ottimizzati, eccetera) non perdono efficacia dopo un certo lasso di tempo. Al contrario, tutti gli investimenti (altri contenuti, nuove immagini, nuovi link) si sommano a quelli precedenti, aumentando continuamente il valore assoluto del sito.

Per questo motivo, se è vero che la SEA fornisce un boost iniziale o periodico, fondamentale nell’avviamento di un’attività, è anche vero che la SEO è in grado di fornire risultati consistenti sul lungo periodo.

Quindi non devi mai rinunciare alla SEO per il tuo sito internet e devi alimentarla nel tempo.

Leggi anche l’articolo: Cosa è il funnel nel marketing.

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La dinamicità dei loghi dinamici

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In Geofelix ci siamo spesso occupati dell’immagine aziendale per Piccole e Medie Imprese, liberi professionisti e aziende sanitarie, partendo tante volte dal pilastro fondamentale dell’immagine: il logo. La creazione di un logo passa da diverse fasi che sono riconducibili alla progettazione grafica. Un designer esperto prima ancora di realizzare il disegno di un logo considera tanti fattori applicando principi di comunicazione e di marketing.

Creazione logo azienda: posso realizzare un logo dinamico?

La risposta è: si, si può creare un logo aziendale. Questo perchè il logo dinamico è un logo facilmente modificabile, che non dimentica l’importanza dei valori aziendali e la riconoscibilità dell’azienda. Possiamo definirlo come un soggetto che esprime sempre gli stessi concetti, avendo la possibilità di illustarli in modo sempre differente. Il disegno di un logo dinamico può essere quindi declinato anche per un contesto aziendale.

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Che cosa caratterizza un logo dinamico?

Se volessimo fare un paragone nerd basti pensare ad un Transformer: Optimus Prime è un camion che diventa robot e viceversa, tuttavia si tratta sempre del capo degli Autobot. Optimus ha solo due trasformazioni, il logo dinamico invece ne ha potenzialmente di infinite, ovvero pari alla creatività del grafico e dell’azienda nel coniugare il logo dinamico nella specifica occorrenza, mantenendone i valori e la riconoscibilità inalterati. L’esempio per eccellenza di logo dinamico è il logo di MTV. Quasi ad ogni spot, la M, la T e la V diventano vivi, si modificano e sorprendono l’utente, prendendo alla fine la forma che ricorda perfettamente il logo originale.

Perché è un logo dinamico e non un logo statico?

Il logo statico rimane sempre uguale a se stesso ed ogni elemento è studiato per far parte di quello schema prefigurato. Tipicamente un logo statico è un logo che per decenni non viene modificato in nessuno dei suoi aspetti: questa scelta è effettuata da quelle aziende ormai talmente identificate col loro simbolo, che risulta impensabile pensarle senza di esso. Prima di procedere dobbiamo fare un distinguo importantissimo tra restyling e logo dinamico. Il restyling di un logo statico ha come risultato un altro logo statico adeguato ai canoni di design e caratteristiche più moderne. L’operazione di svecchiamento serve a tutte quelle aziende che hanno intenzione di avvicinarsi con un approccio nuovo al mercato, magari rivolgendosi anche ad un nuovo target di consumatori e clienti finali.

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ATTENZIONE: non confondiamo il visual hammer, ovvero il logo statico immutabile perché forte e iconico (CocaCola, la Bottiglia CocaCola, altro visual hammer) con i loghi immutati per pigrizia o attaccamento. A volte percepiamo come iconico il nostro segno distintivo solo per affetto, attaccamento, mentre dal pubblico il nostro “Logo Storico” potrebbe essere percepito solo come vecchio, non come “antico”.

Il logo dinamico presenta degli elementi, all’interno del suo insieme, che possono essere modificati e sostituiti. Conserva nella sua essenza la tendenza a cambiarsi, restando fedele al design originario alterandolo in parte, senza stravolgimenti eclatanti. Tipicamente, quando siamo di fronte ad un logo del genere, siamo coinvolti positivamente a scoprirne come ci sorprenderà e a immaginarne nuove possibili declinazioni. Esempi lampanti di logo dinamico sono la mela del logo Apple, o il logo di Windows.

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Come creiamo un logo dinamico?

Innanzitutto la base di sviluppo di un logo statico o un logo dinamico è pressoché identica.
Infatti partiamo con l’elaborazione di una griglia grafica che tiene conto di proporzioni precise, del livello di stilizzazione della figura e del rapporto che abbiamo intenzione di impostare tra pieni e vuoti. Il processo creativo segue diverse fasi in base alle richieste del cliente e che infine sfociano in una serie di proposte.

Arrivati a questo punto, vogliamo mostrarvi un esempio di un logo dinamico ideato per un libero professionista che lavora in una palestra come istruttore di Allenamento Funzionale.
Abbiamo parlato della dinamicità vista come movimento ed è quello che ci suggerisce la figura del guerriero spartano.

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Il pubblico del fitness è, per antonomasia, composto da consumatori che fanno del movimento una legge di vita e, in questo ambito, sappiamo come gli allenamenti e gli esercizi inventano sempre nuovi trend. Nel logo dinamico attuale è presente una kettlebell perchè è uno degli strumenti utilizzati per la maggior parte degli esercizi funzionali.
Sappiamo però che già sta prendendo piede la moda della clubbell: una specie di mazza da baseball con cui effettuare vari movimenti armonici. Quindi come possiamo far evolvere il nostro logo dinamico? Basta sostituire la kettlebell con la clubbell ed eccovi il risultato.

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Altro esempio di logo dinamico è quello che abbiamo creato per il fisioterapista Andrea Civardi. I colori pastello e la silhouette stilizzano perfettamente un corpo in armonia, che ha ritrovato il benessere psico-fisico: l’obiettivo principale della riabilitazione e dei trattamenti è proprio questo.

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La declinazione delle linee può essere tracciata in tanti modi diversi assumendo nuovi andamenti curvilinei, oppure possiamo inserire un nuovo elemento legato ad una nuova tecnica come la TECAR. La tonalità verde pastello è perfetta perchè la associamo con una situazione di equilibrio e di mancanza di alterazioni psico-fisiche.

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Ti invitiamo a guardare la pagina relativa alla Progettazione Grafica cliccando qui.

Leggi anche l’articolo: 5 consigli pratici per vetrofanie che spaccano.

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