“Dimmi come ti chiami e ti dirò chi sei.” Non è solo un modo di dire, è la realtà. I nomi definiscono, evocano, distinguono. Un nome non è mai solo un’etichetta. È un segnale, un’idea, un piccolo pezzo di mondo incastonato in una parola. Se hai mai dovuto dare un nome a un brand, un prodotto o un progetto, sai quanto sia difficile. Se non ci hai mai provato, sappi che scegliere Apple per una società tecnologica o Nike per un marchio sportivo non è stata una mossa casuale.
Ma cosa c’entra Wittgenstein con tutto questo? Molto più di quanto immagini. Per lui, il linguaggio non era solo un insieme di parole, ma un gioco in cui il significato nasce dall’uso e dal contesto. Un po’ come il naming: il valore di un nome non è solo nel suono, ma in ciò che rappresenta. E in questo, agenzie di comunicazione e filosofi non sono poi così lontani.
Il potere dei nomi: da Wittgenstein alle sale riunioni
Wittgenstein sosteneva che il significato di una parola non si trova nel dizionario, ma nel suo uso nel “gioco linguistico”. E se ci pensi, è esattamente ciò che accade con il naming. Prendi Spotify: non era una parola prima di esistere come marchio. Eppure oggi evoca immediatamente playlist, musica in streaming e scoperte sonore. Il contesto ha plasmato il significato.
O Amazon, che non si limita a evocare la foresta e il fiume più grandi del mondo, ma la vastità di prodotti a tua disposizione. Qui il contesto non è solo culturale, ma anche commerciale. E il gioco linguistico diventa una partita a scacchi tra marketing e psicologia del consumatore.
Wittgenstein direbbe: “Il significato di ‘Amazon’ è nel suo uso.” E aveva ragione. Il naming non è un esercizio astratto, ma un’azione concreta, dove le parole non servono a descrivere un prodotto, ma a collocarlo in una rete di significati condivisi.
Da Apple a Uber: quando il nome fa la differenza
Alcuni nomi sembrano geniali a posteriori, ma nel momento in cui sono stati scelti “come suonavano”? Chi avrebbe scommesso su Apple come nome di una società tecnologica? Eppure, rispetto ai freddi nomi come “Computers International” o “TechCorp”, l’idea di una mela – naturale, semplice, riconoscibile – ha raggiunto il suo scopo.
Poi c’è Uber. La parola deriva dal tedesco e significa “superiore, eccellente”. Con una sola parola, il brand trasmette ambizione, esclusività e status. Non è un caso che sia facile da pronunciare e memorabile a livello internazionale.
Anche Nike gioca alla grande. Il nome viene dalla dea greca della vittoria, e non serve un dottorato in mitologia per capirne il messaggio. La scelta è strategica: ogni cliente che indossa una Nike sente di partecipare a un racconto di successo e di vittoria personale. Questo è il piano di idee su cui ci porta il branding: creare un contesto in cui il consumatore trovi il suo spazio.
Il gioco linguistico del naming: tra intuizione e strategia
Scegliere un nome non è solo questione di creatività, ma del quadro dove si colloca e di visione. Se hai un brand da nominare, non puoi accontentarti di trovare qualcosa di “carino”. Deve funzionare nell’insieme. Esattamente come nelle teorie di Wittgenstein, dove le parole non esistono nel vuoto.
Un nome deve rispondere a domande essenziali:
- Come sarà usato? (In pubblicità, nel parlato, nel digitale)
- Cosa deve evocare? (Forza, innovazione, dolcezza, velocità, ecc.)
- Funziona a livello internazionale? (No ai nomi che in altre lingue significano “palla” o “scarafaggio”)
Il naming, come il linguaggio, è fatto di giochi di ruolo. Il consumatore deve “giocare” con il nome, riconoscerlo e sentirsi parte della storia. Quando ci riesci, hai vinto la partita.
Naming: l’arte di fare filosofia senza saperlo
Wittgenstein non si occupava di marketing, ma le sue teorie sul linguaggio ci dicono molto su come funzionano i brand. Dare un nome significa creare un nuovo spazio semantico, un universo dove una parola prende vita e diventa significativa per migliaia, milioni o miliardi di persone.
Il nome non è mai “solo un nome”. È la prima cosa che le persone conoscono di te. Ecco perché, la prossima volta che ti trovi a scegliere il nome per un brand, ricordati che non stai solo inventando una parola. Stai cambiando il modo in cui le persone vedranno e vivranno quel brand nel mondo.
E siccome è una scelta cruciale che definirà per anni il prodotto o servizio, se vuoi siamo a disposizione per supportarti in questa scelta, con un percorso condiviso che ci condurrà a trovare la parola o il neologismo adatto al tuo nuovo marchio.
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Dopotutto, come insegnano i filosofi (e i copywriter), le parole sono potenti, ma i nomi sono eterni.
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